Corso di storia della scienza: Fleming 1881

Alexander Fleming 1881

In una mattina di settembre del 1928, in un laboratorio apparentemente come tanti al St. Mary’s Hospital di Londra, un uomo stava per cambiare per sempre il destino dell’umanità. Si chiamava Alexander Fleming, medico e microbiologo scozzese, e non aveva l’aria del “genio” romanzato dai libri: era riservato, metodico, con lo sguardo curioso di chi non smette mai di fare domande.

Fleming era figlio di un contadino scozzese e aveva imparato presto il valore della pazienza e dell’osservazione. Forse fu proprio quell’attenzione minuziosa ai dettagli – unita a una sana dose di intuito – a guidarlo verso la scoperta che avrebbe rivoluzionato la medicina. Quel giorno, mentre esaminava alcune colture di batteri, notò qualcosa di insolito: in una delle piastre, dove si era insediata per caso una muffa, i batteri intorno erano… scomparsi. La muffa apparteneva al genere Penicillium, e sembrava emanare una sostanza capace di uccidere i microbi.

Quella “coincidenza” avrebbe potuto passare inosservata a chiunque altro. Fleming, invece, si mise a studiarla con attenzione, dimostrando che quella sostanza – che chiamò penicillina – poteva uccidere molti batteri responsabili di gravi infezioni umane. Era la prima vera arma naturale contro un nemico invisibile che per secoli aveva mietuto vittime senza pietà: dalle infezioni delle ferite alla polmonite, dalla setticemia alla febbre puerperale.

Ma la strada verso la cura non fu immediata. Fleming aveva intuito il potenziale della penicillina, ma non riusciva ancora a purificarla e produrla su larga scala. Per anni, la sua scoperta rimase un’idea promettente ma inapplicabile. Fu solo durante la Seconda guerra mondiale, grazie al lavoro di altri scienziati come Howard Florey ed Ernst Boris Chain, che la penicillina venne sviluppata in un vero e proprio antibiotico, prodotto in quantità industriali.

Il risultato fu stupefacente: migliaia di soldati feriti, che in passato sarebbero morti per infezioni, poterono tornare a casa vivi. Le corsie degli ospedali cambiarono volto: malattie un tempo letali diventarono curabili, interventi chirurgici rischiosi divennero routine, e la speranza di vita dell’umanità fece un balzo in avanti.

Fleming ricevette il Premio Nobel per la Medicina nel 1945, insieme a Florey e Chain. Eppure, fino alla fine, mantenne un atteggiamento umile, ricordando sempre che la sua scoperta era nata anche da un colpo di fortuna. “La penicillina – amava dire – non l’ho inventata io. L’ho trovata lì, dove la natura l’aveva messa.”

Quando morì nel 1955, Alexander Fleming aveva già visto il frutto della sua intuizione salvare milioni di vite. La sua storia resta una testimonianza potente di come la scienza sia fatta non solo di calcoli e formule, ma anche di occhi attenti, mente aperta e la capacità di riconoscere un miracolo quando si presenta in una piccola macchia di muffa su una piastra di laboratorio.



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